Sociologia: WELFARE STATE E TERZO SETTORE

ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLO STATO SOCIALE 


Essere cittadini significa avere il diritto di condurre in ogni momento una vita dignitosa. Infatti lo Stato riconosce a tutti cittadini il diritto a un livello 'minimo' di benessere, per il semplice fatto di esser cittadini. I diritti garantiti dallo Stato ai cittadini sono chiamati diritti di cittadinanza.
L'idea moderna di cittadinanza nacque in Inghilterra nel XVIII secolo quando agli abitanti vennero riconosciuti i diritti civili, ovvero quei diritti relativi alla libertà individuale. La cittadinanza tra il XIX e il XX secolo ha incluso i diritti politici

Solo nel XX secolo è stato riconosciuto il diritto di accedere a livelli di reddito, di salute, d'istruzione accettabili in rapporto agli standard di vita media della società. Questo insieme di diritti, i quali garantiscono ai cittadini una soglia minima di benessere, prende il nome di diritti sociali

Il Welfare State è l'insieme di tutti gli interventi pubblici attraverso cui lo Stato mira ad attuare i diritti sociali dell'individuo. È traducibile in stato di benessere o Stato sociale. Tale termine indica uno stato che si fa carico del benessere dei suoi cittadini, garantendo loro gli standard minimi di vita rispetto al reddito.


LA NASCITA E L'AFFERMAZIONE DEL WELFARE STATE

Tra il 1883 e il 1889 in Germania da Otto von Bismark vennero emanate le prime leggi sulla previdenza e assistenza pubblica per i lavoratori dell'industria e le loro famiglie. 

Prima di allora non esisteva alcuna forma di tutela pubblica dei lavoratori nei confronti dei rischi connessi alla loro attività. Bismark istituì delle assicurazioni sociali obbligatorie, ovvero l'obbligo per il lavoratore, ma anche per l'imprenditore, di versare allo Stato una quota del salario in cambio di indennizzi monetari nel caso in cui si fossero verificati eventi critici. 
Per la prima volta si diffuse l'idea che lo Stato dovesse e potesse intervenire direttamente in difesa del benessere economico e sanitario dei propri cittadini. 


Dopo la seconda guerra mondiale si giunse all'erogazione, da parte dello Stato, di prestazioni di stampo universalistico, ovvero rivolte non solo ai lavoratori ma a tutta la popolazione nazionale, in virtù del solo status di cittadinanza. 

Questo avvenne in Inghilterra nel 1942 con la pubblicazione del rapporto Beveridge, con cui si fa coincidere la nascita del Welfare State. Esso era il documento finale di una commissione di inchiesta voluta dal governo inglese e presieduta dall'economista William Henry Beveridge e riguardava la situazione economica e sociale del paese. Il rapporto venne applicato dal 1948 con la creazione di un servizio medico nazionale gratuito e con l'adozione di altri importanti provvedimenti sociali. 

Dunque il Welfare State nacque come una forma di redistribuzione delle risorse economiche prodotte dalla società.
Il modello del Welfare State si diffuse molto velocemente, infatti si affermò anche negli Stati Uniti, australia, Nuova Zelanda e Canada. Può essere considerato un'invenzione del nostro continente, in quanto ritenuto componente essenziale della società europea. 

Tra gli anni 50 e gli anni 70 vi fu l'età d'oro del Welfare State, infatti dopo la guerra la popolazione incominciò a vivere progressivamente meglio Inoltre la produzione di ricchezze creò enormi risorse fiscali.


LA CRISI DEL WELFARE STATE

Per molto tempo lo Stato sociale è sembrata la soluzione migliore per gli Stati industrializzati. Tuttavia a partire dalla metà degli anni 70 e soprattutto negli anni 80, entrato in una fase di crisi piuttosto acuta.

Le ragioni di tale crisi sono:

  • Crisi di ordine finanziario, poiché la previdenza e l'assistenza sociale cominciarono a costare troppo
  • Crisi di organizzazione, infatti non si riesce a garantire servizi soddisfacenti per i cittadini
  • Crisi di legittimità, infatti l'opinione pubblica inizia a credere che le risorse siano insufficienti.
La causa principale è stata che la società non ha sempre le risorse necessarie per garantire sui membri una protezione sociale estesa e capillare. Infatti può accadere solo se le ricchezze, che lo Stato è in grado di produrre, sono superiori al numero di individui.


Inoltre nei paesi più sviluppati si vive sempre più lungo, ma contemporaneamente diminuisce sempre di più il tasso di natalità. L'aumento degli anziani dunque comporta la crescita del numero di cittadini che sono bisognosi di una forma di intervento statale.

In seguito le difficoltà finanziare vengono accentuate dalla crisi di organizzazione di servizi. 
Infatti lo Stato sociale sembra non essere in grado di attuare concretamente ciò che promette a livello legislativo.
L'eccessiva burocratizzazioni dei servizi sociali ha creato un ulteriore fonte di spesa per lo Stato sociale. 

Infine abbiamo anche una crisi di legittimità, infatti si è diffusa nella società la consapevolezza dei limiti e dei difetti strutturali dello stato sociale.
La società si mostra meno solidale verso le fasce più deboli e meno disposta a sostenere i costi di una diffusione universale del benessere.


UN NUOVO TIPO DI WELFARE STATE PER IL XXI SECOLO 

La crisi ha portato i paesi occidentali alla necessità di una profonda riorganizzazione delle politiche sociali. Tale riorganizzazione delle risorse ha coinvolto tutti gli ambiti, per via della crisi economica-finanziaria del 2008.

Il primo Welfare che si è venuto a creare prende il nome di fordista, per via dello stretto legame col sistema produttivo dell'epoca, il quale aveva una natura passiva. Infatti voleva tutelare le persone che si trovavano in difficoltà. Lo Stato corrispondeva all'individuo un indennizzo e il suo intervento era di natura riparatoria.

Oggi tutti i sistemi di Welfare europei, nel momento in cui erogano un sussidio monetario in favore di soggetti in difficoltà, chiedono loro qualcosa in cambio, anche se non sotto forma monetaria. 

Infatti chiedono che si responsabilizzino, rafforzando e aggiornando le loro competenze. In questo modo le persone sono protagoniste dello stato sociale, ma allo stesso tempo ne traggono beneficio. Dunque il nuovo Welfare è detto attivo e anche promozionale, poiché promuove le persone, investendo su di loro.


LE POLITICHE SOCIALI 

Si può affermare che il Welfare State si occupa di tre ambiti generali: la previdenza sociale, l'assistenza sociale e l'assistenza sanitaria.

La prima parla di quelle misure che vogliono prevenire le conseguenze negative di eventi che possono colpire ciascuno di noi (malattia, infortunio, decesso del coniuge). Lo Stato promuove delle politiche previdenziali quando opera affinché i cittadini siano garantiti contro le situazioni critiche. Questo avviene per esempio con le pensioni, che sono la parte più consistente per quanto riguarda i costi. L'accesso alla previdenza è regolato in modi diversi in base agli Stati. In alcuni casi è subordinato alla partecipazione al mercato del lavoro e se l'individuo non ha mai lavorato, o ha lavorato in modo irregolare, non può avere diritto a tali prestazioni.

Poi abbiamo l'assistenza sociale: sono gli insiemi di interventi di sostegno che hanno come obiettivo quello di assistere i cittadini che si trovano in situazioni di povertà, di emarginazione o di devianza. Essa funziona attraverso la creazione di una rete di servizi alla persona. Ma può svolgere anche una funzione di prevenzione, tramite strumenti di comunicazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica.

Infine ci presenta l'assistenza sanitaria, che consiste nella realizzazione e nel finanziamento di strutture ospedaliere e nell'erogazione di prestazioni finalizzate a curare e a prevenire le malattie. La struttura varia in base allo Stato: per esempio Inghilterra, Italia, Irlanda e paesi scandinavi hanno un sistema nazionale gratuito, mentre nei paesi dell'Europa continentale le cure non sono gratuite e i lavoratori sono obbligati ad assicurarsi presso una mutua. Negli Stati Uniti l'assistenza sanitaria non è fornita gratuitamente e sono previsti solo dei programmi minimi di copertura sanitaria gratuita per gli anziani e per i poveri.


LE POLITICHE SOCIALI IN ITALIA 

Il sistema previdenziale italiano rappresenta il 60% delle spese sociali dello Stato, ma tuttavia non opera un'efficace redistribuzione del reddito nazionale, poiché le modalità in cui questi servizi sono stati proposti rimane minima; fondamentalmente il sistema pensionistico resta molto incentrato sull'occupazione, ovvero per chi svolge un'attività pubblica. 

Per quanto riguarda l'assistenza, il sistema italiano consiste nell'erogazione di servizi specifici per i vari gruppi sociali, a seconda delle loro esigenze: segue infatti una logica assistenzialistica: non vi sono organizzazione mirate al miglioramento delle condizioni di disagio, ma si agisce retroattivamente. Nel 2000 è stato introdotto un principio che imponesse che l'assistenza avesse un'organizzazione precisa e organica: oggi dunque lo Stato predispone delle prestazioni sociali forgiabili alle persone; poi delega alle regioni il compito di organizzare interventi concreti. E' bene notare che si sta sempre di più cercando di rimuovere le cause prime dei disagi, più che il disagio stessi.


Riguardo alla sanità, nel 1978 è stata introdotta una riforma che preponeva uguali condizioni di accesso ai servizi sanitari, indipendentemente dalla condizione economica e sociale delle persone. Esso stabilisce i livelli essenziali di sanità, mentre per i livelli più avanzati ciascuno concorre alle proprie spese in base al reddito.




La scuola non appartiene allo stato sciale, ma può essere considerato un ottimo strumento per il welfare, poiché riduce l'analfabetismo. Nonostante questo, l'istruzione presenta un'ampia serie di problematiche.

In primo luogo, i servizi per la prima infanzia sono completamente a carico dei contribuenti, e spesso non sono presenti abbastanza posti per garantire il servizio a tutti. In secondo luogo, la scuola di massa, finisce per adottare procedure standardizzate ed impersonali, con il conseguente abbassamento degli standard qualitativi. Inoltre, nel nostro paese, la spesa pubblica per l'istruzione è andata progressivamente calando: dunque, si investe molto poco sul futuro degli studenti e sulla ricerca.






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