Johann Heinrich Pestalozzi visse nella Svizzera tedesca tra l'età dei Lumi e del Romanticismo; rimase orfano di padre e fu cresciuto dalla madre, dalla domestica e dal nonno paterno.
Nel 1769 insieme a sua moglie avviò la sua prima impresa agricola di Neuhof, ossia un istituto per ragazzi poveri che forniva un'istruzione elementare e preparava al lavoro. Pestalozzi applicò nozioni elementari di lettura e scrittura e l'apprendimento di mestiere. Dopo dieci anni egli intraprese una nuova strada, sviluppò una personale teoria educativa che si radicava sul pensiero di Rousseau.
Seguendo l'esempio dell'Emilio di Rousseau, Pestalozzi scrisse un romanzo pedagogico in quattro volumi Leonardo e Gertrude. Però la storia non è incentrata su un fanciullo, ma su una collettività, di un immaginario paese di campagna. Tutti i personaggi presenti nel romanzo hanno un significato pedagogico. Nell'opera si manifesta l'adesione di Pestalozzi alla visione del dispotismo illuminato.
Il ruolo centrale della madre
Il contributo più originale di Pestalozzi riguarda il ruolo educativo della madre e il valore degli affetti. Egli esaltava la madre educatrice e la forza dei sentimenti. Pestalozzi dedicò alla figura materna e al suo ruolo educativo tre romanzi pedagogici: Come Gertrude educa i suoi figli, il libro delle madri e Madre e figlio. Il pedagogista inverte la scala dei valori riguardo all'approccio della madre e porta gli uomini ad usare come modello educativo quello femminile.
Infatti per Pestalozzi anche i padri, i maestri e gli educatori dovevano rapportarsi ai bambini in modo affettuoso.
Secondo lo psicologo, una relazione solida con la madre garantiva un punto fermo per i bambini, con l’amore materno i figli avevano sempre la certezza di poter contare su qualcuno. Questo modello di dedizione trasmetteva al bambino il senso morale e la capacità di aiutare gli altri della madre; non bisognava insegnare solo attraverso obblighi e punizioni, ma con l’esempio.
Gli orfani o i bambini abbandonati andavano contro ad una carenza affettiva che poteva provocare dei disagi nell’età adulta. Per questo motivo, Pestalozzi era contrario ai brefotrofi perché erano luoghi dove c’era solamente assistenza e non il calore materno.
L'educazione morale e religiosa del popolo
Nel romanzo Leonardo e Gertude anche il popolo è un grande protagonista. Egli era consapevole della necessità di educare il popolo e dedicò tutta la sua vita all'educazione dei ceti più modesti.
Secondo Pestalozzi l'uomo alla nascita non ha alcuna morale, ma ha in se la capacità di acquisirla. Perché il bambino possa orientarsi al bene occorre l'educazione, e non basta punirlo.
La moralità prende vita mediante un processo di liberazione dall'egoismo. Lo stato morale è una conquista, dove dopo la naturalità e la socialità. Lo psicologo afferma che il fine dell'educazione è il raggiungimento della perfezione etica.
Il livello più basso della moralità è caratterizzato dai buoni sentimenti e dall'obbedienza; segue poi la riflessione critica. Il bambino intuisce prima il bene (cuore), poi lo compie (mano), e lo comprende appieno (mente).
Egli si opponeva al razionalismo e all'intellettualismo socratico e si affidava alla concezione romantica, ovvero la ragione insieme al sentimento. Sotto l'aspetto educativo, non si doveva ritardare l'educazione morale agli anni dell'adolescenza e non intimorire i bambini con minacce e punizioni.
Pestalozzi consigliava la pedagogia dell'esempio, del modello materno.
L'uomo é formato da mente, cuore e mano e tutte e tre le facoltà vanno coltivate assieme.
Secondo lo psicologo occorreva sviluppare le menti dei bambini anche più umili e non bastava semplicemente insegnare il mestiere. Egli afferma che se un ragazzo avesse allenato una mente flessibile e critica avrebbe potuto inserirsi meglio nel mondo del lavoro. La pedagogia di Pestalozzi mirava allo sviluppo di tutte le facoltà umane e lui prendeva in considerazione principalmente al cuore, ovvero l'educazione morale.
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